GET
Giovani Eccellenze Teatrali

Rassegna al Teatro Garage – Sala Diana Stagione 2024 - 2025

L’Associazione La Chascona continua per il terzo anno consecutivo la collaborazione con Teatro Garage di Genova per la realizzazione di  GET – Giovani Eccellenze Teatrali, la rassegna di Drammaturgia Contemporanea Nazionale all’interno della stagione 2024-2025. Lo scopo dell’iniziativa è promuovere la drammaturgia di giovani professionisti della scena Nazionale.

La collaborazione con il Teatro Garage si colloca nella direzione della produzione, promozione e ospitalità di giovani compagnie, quale tratto distintivo della quarantennale attività teatrale del TG.

Le compagnie e gli spettacoli individuati da La Chascona hanno vista riconosciuta la scrittura drammaturgica e la realizzazione di rappresentazione in diversi festival e rassegne nazionali, non ultima la Rassegna INTRANSITO del Comune di Genova.

La programmazione degli spettacoli,  inserita all’interno della stagione del Teatro Garage, avverrà da ottobre 2024 ad aprile 2025.

Gli spettacoli, tutti di drammaturgia contemporanea di giovani artisti professionisti operanti sul territorio nazionale, sono indicati all’interno della stagione del Teatro Garage – Sala Diana Genova,  come GET – Giovani Eccellenze Teatrali.

COMPAGNIA SUNNY SIDE
EQUITALIA

testo e regia Massimiliano Aceti

con Chiara Mancuso e Massimiliano Aceti

Durata: 60 minuti

Mario ed Elsa sono marito e moglie da quarant’anni e dopo una vita di sacrifici e lavoro, si vedono portare via il loro ristorante a causa dei debiti. All’umiliazione di essere rimasti senza luce e senza acqua, si aggiunge anche quella di scoprire che il ristorante è stato messo all’asta per un debito di 4.500 euro.

I due si rendono conto di non avere più nulla da perdere e decidono di compiere un gesto

rivoluzionario: far saltare la sede di Equitalia a Roma. Mario ed Elsa non hanno intenzione di fare

del male a nessuno e studiano un piano per bruciare l’edificio durante la notte. Questa nuova

avventura fa rinascere la passione tra i due che, dopo anni di routine e silenzi, scoprono di amarsi come il primo giorno in cui si sono incontrati. Ovviamente però, Mario ed Elsa non sono due terroristi e non hanno il sangue freddo dei criminali. Arrivati davanti alla sede di Equitalia con le loro ‘bombe fatte in casa’ realizzano, con loro profondo dispiacere, di non aver portato l’accendino per innescare gli ordigni. Tornano a casa sconfitti ma la loro rabbia ormai non può fermarsi. Riusciranno a far sentire la loro voce contro l’ingiustizia dello stato italiano?

NOTE DI REGIA

Il sipario si apre su due giovani che ballando sulle note di Obladì Obladà dei Beatles giocano tra i

tavoli del ristorante e sono felici. La loro vita insieme è appena cominciata. Il ballo però si trasforma

lentamente e i due trentenni giocosi diventano due vecchi tristi e scorbutici. La loro vita ormai gira intorno a quei pochi clienti che vengono a mangiare nel ristorante. Ogni volta che tra i due i contrasti

arrivano all’apice, ricorrono al figlio, a cui registrano dei videomessaggi con una telecamera, per sfogarsi l’uno dell’altra.

L’arrivo delle cartelle esattoriali di Equitalia e infine l’ingiunzione di sfratto sono come un terremoto

che li rianima e li costringe all’azione. Ma poi, quando il “colpo” non va a buon fine, scoprono che la

loro ritrovata vitalità era un’illusione, così come lo era la loro vita, incentrata su un figlio tanto amato

quanto mai esistito. Ma ancora una volta, si diranno che non c’è età, per ricordarsi di vivere.

Partendo da testimonianze vere di persone vessate da Equitalia, ho scritto questa commedia cercando di indagare su quel senso di frustrazione che ci fa sentire impotenti davanti allo Stato.

Un giovane può ribellarsi: ha energia, freschezza, ha la forza di buttare tutto all’aria e ricominciare

da capo. Per un anziano, penso sia diverso: gli anni, gli acciacchi e le fatiche passate lo hanno ormai

reso una creatura debole che andrebbe tutelata e protetta. Ho scoperto che non è così. Centinaia di persone sono state costrette a chiudere la loro attività commerciale per multe con tassi d’interesse al limite dell’usura. Ho voluto raccontare la loro storia e ne è venuta fuori una commedia, non per volere mio, ma perché i metodi utilizzati da Equitalia per recuperare i soldi sono così tanto al limite della realtà da diventare esilaranti. Ma mi sono anche chiesto: “Cosa succederebbe se una persona che ha passato tutta una vita a lavorare per pagare i debiti, si svegliasse d’improvviso e capisse di vivere in un mondo assurdo?” Per me diventerebbe un rivoluzionario, come Ma rio ed Elsa. Quando tocchi il fondo sei disposto a tutto. Ho voluto che i due anziani venissero interpretati da due attori giovani non per un vuoto virtuosismo, ma perché sono convinto che la nostra generazione verrà travolta da un sistema economico e burocratico che non funziona più.

L’unico modo per non soccombere è conoscere il nemico e affrontarlo.

Riconoscimenti

Premio Miglior Drammaturgia Festival Indivenire 2019

Finalista Intransito 2021

ANOMALIA TEATRO
LADY MACBETH
God save the Queen

di e con Debora Benincasa

ricerca movimenti Simona Ceccobelli

Scenografia Adele Gamba

Costumi Simona Randazzo

Light designer Andrea Gagliotta

Durata: 60 minuti

“Quanto ancora dobbiamo togliervi prima che qualcuno abbia il coraggio di spezzarsi?”

Il monologo è una riscrittura dell’opera shakespeariana che, pur giocando con il personaggio e con uno stile grottesco, mantiene intatta la potenza della tragedia.

Il punto di vista è unicamente quello della Lady, crudele e annoiata, che guarda il mondo con sofferente distacco.

La forza del monologo è il dialogo tra classico e contemporaneo, tra l’adesione al testo e il suo tradimento, sorprendendoci con inserimenti pop e immagini poetiche.

Lady Macbeth mette in discussione la nostra moralità e ci rivela, immergendosi sempre più al suo interno, l’estrema ferocia del potere. È un invito alla disobbedienza raccontando esattamente il suo opposto: la regina ci guarda e continua a pungolare la nostra pazienza.

 

Anomalia Teatro è una compagnia nata a Torino nel 2016. È un gruppo di artisti che si prende cura di tutti gli aspetti creativi, produttivi e distributivi dei propri spettacoli, portando avanti ogni giorno un’idea di teatro che sia orgogliosamente popolare.

Oltre agli spettacoli la compagnia si dedica alla formazione con diversi corsi annuali di improvvisazione, teatro e scrittura scenica.

Questa piccola famiglia continua a lavorare a nuovi progetti e produzioni, il Laboratorio Malaerba è sicuramente il cuore della nostra crescita. Uno spazio creativo che vuole accogliere quante più persone possibile e farsi spazio di socialità, condivisione e creatività così che la nostra piccola famiglia continui a crescere.

Riconoscimenti

Finalista Premio InediTo – Colline Torinesi nella sezione drammaturgia

LA PETITE MORT TEATRO
ALICE NO

di e con Sofia Pauly

Regia Gianluca Maria Bozzale

Costumi Nicoletta Fasani

Grafiche Laura Buscemi

Si ringraziano Marco Ragaini e Artisti 7607

Durata: 55 Minuti

Una gallina ogni anno depone circa 300 uova.

ALICE NO.

Non è una gallina.

 

Alice ha 34 anni, un bel lavoro e un compagno che ama. Secondo gli standard dovrebbe desiderare di mettere su famiglia. Non è così. Ha un problema? ‘Alice no’ è la volontà di rispondere a questa domanda, è una riflessione ironica sul desiderio di maternità o meglio sul non desiderio di maternità.

Lo spettacolo nasce da un’esigenza personale: sono una donna di 36 anni e non ho figli. Probabilmente niente di eccezionale al giorno d’oggi, eppure in qualche modo sì. 

Penso che rappresenti ancora un tabù nella nostra società parlare di scelta di non maternità e che venga spesso presentata come una scelta dolorosa o come una mancanza.

Anche l’aborto è ancora vissuto come un tabù e questo lo rende un’esperienza ancora più dolorosa per molte donne, un’esperienza che non viene condivisa, viene vissuta nella maggior parte dei casi nel silenzio e nella solitudine. 

Il mio desiderio è quello di indagare questi temi dando loro una dignità che nulla ha a che fare con il dramma, vorrei provare con onestà a raccontare e prendere la posizione di una donna che semplicemente non sente il desiderio di essere madre e anzi, addirittura decide di interrompere una gravidanza perché sente che questa è la cosa giusta da fare. Sofia Pauly

NOTE DI REGIA

“Come mai quando si tratta di noi, è un aborto, e quando si tratta di polli, è un’omelette?” George Carlin. 

Il tema della maternità colpisce tutti, inevitabilmente, e così anche l’aborto; ci sentiamo in obbligo di avere una nostra opinione a riguardo, ci sentiamo in dovere di schierarci favorevoli o contrari. Se chiedi ad una persona qualsiasi quale è stato il giorno più felice della sua vita magari avrà difficoltà a risponderti, se lo chiedi ad una madre ti risponderà senza pensarci “il giorno in cui è nato mio figlio/mia figlia” ma, per tutte quelle persone che non saranno mai genitori? Senza questo

giorno felice si può lo stesso continuare a vivere?  Quando ho iniziato a lavorare sul testo con Sofia mi sono subito reso conto che inconsciamente se penso ad un uomo che non diventerà mai padre non sento che nella sua vita c’è una mancanza, mentre se penso ad una donna sì, e mi sono chiesto il perché; da qui è nata la mia voglia di rispondere a questa domanda. È una regia semplice che mette l’attrice/autrice al centro di tutto rispettando la sua visione e dandole forza. L’attenzione si concentra

 

sul testo, perché arrivi diretto e coinvolga il pubblico nella nostra riflessione, nella nostra volontà di interrogarci senza dare una risposta, ma provare insieme a esplorare un punto di vista nuovo, meno battuto. Ci piacerebbe dare voce a chi il desiderio di maternità non ce l’ha, probabilmente non l’avrà mai, e forse va bene così. Gianluca Maria Bozzale

Riconoscimenti

Menzione speciale al Premio “Giovani realtà del teatro” 2016.

IL TURNO DI NOTTE
FRAGILERESISTENTE

di e con Silvia Pallotti e Tommaso Russi

consulenza al suono Jacopo Malusardi

scene Fabio Pallotti e Silvia Pallotti

coproduzione Teatro Linguaggicreativi

con il sostegno di Residenza Carte Vive

Durata: 60 minuti

FragileResistente parla di oggi e di noi, noi come più generazioni, noi come società.

FragileResistente parla della nostra stanchezza, della nostra incapacità di vedere un futuro possibile, delle nostre immaginazioni malate, represse, compresse.

FragileResistente si chiede se il senso di impotenza che ci immobilizza è reale, o se è indotto, e da cosa, e perché.

Si chiede quali azioni sono ancora possibili.

La linea narrativa che si sviluppa lungo l’intero arco dello spettacolo, la storia di Un padre e Un figlio, esplora che relazione c’è tra la depressione di un figlio, la fatica di un padre e lo stato del mondo.

L’evento di un tuffo da uno scoglio, una caduta, diventa per entrambi l’apice di due diverse forme di impotenza: verso l’altro e verso il mondo.

In questa linea narrativa si innestano dei quadri che interrompono la storia, la spiazzano e propongono altri sguardi sul tema, alla ricerca di forme e di canali di comunicazione diversi, evocativi: il linguaggio fisico-gestuale, l’ironia, l’autobiografia, l’immagine, la creazione di atmosfere sonore.

La fase di indagine è stata condotta anche attraverso laboratori aperti a cittadini e cittadine, in diversi territori.

Il tentativo è stato quello di trovare una forma per questo senso di impotenza e di esplorarne i possibili contrari.

I materiali raccolti e le domande emerse nel corso dei laboratori confluiscono nell’humus da cui sorge ‘fragileresistente’.

Lo spettacolo non si costruisce sui materiali emersi dai laboratori, ma si porta dietro i cerchi e le voci che incontra durante questi percorsi.

 

il turno di notte è una compagnia fondata da Silvia Pallotti e Tommaso Russi, entrambi diplomati

all’Accademia Teatrale Veneta (ora Accademia C. Goldoni).

Crediamo nella figura dell’attore-autore, nell’intreccio dei linguaggi e nella necessità di proporre allo

spettatore una forma di condivisione che riesca ad avere carne e possa toccare, anche se a diversi

livelli, sia un addetto ai lavori, sia un ragazzo che è entrato per sbaglio.

La nostra base si divide tra Milano e Lodi, le città in cui siamo cresciuti.

Nel 2020 abbiamo vinto il primo bando di residenza di Accademia Teatrale Veneta con il progetto ‘il buio non è tenero’.

A luglio 2021 siamo stati selezionati per partecipare al percorso di alta formazione ‘Fai il tuo teatro!’ organizzato da Urbino Teatro Urbano. Nel 2023 siamo stati selezionati per ‘Generazione Risonanze

2023’.

Sempre nel 2023, il progetto ‘il buio non è tenero unplugged’, ha vinto il bando ‘Life is Live’ di Fondazione Cariplo.

Dal 2023/2024, curiamo la direzione artistica della stagione under35 ‘Un disperato entusiasmo – scritture dalla nuova generazione’, presso Teatro Linguaggicreativi.

Dalla nascita della compagnia, all’attività di produzione di spettacoli di drammaturgia contemporanea, si affianca quella di progetti e laboratori con la cittadinanza

Riconoscimenti

Selezione Strabismi 2023

Selezione demo Inventaria 2023

Finalista Theatrical Mass 2023

RI.TE.NA. TEATRO
YERMA 'A JETTECA

Drammaturgia e regia Fabio Di Gesto

Con Maria Claudia Pesapane, Luca Lombardi, Gennaro Rivetti, Miriam Della Corte

Costumi Rosario Martone

Scenografia Maria Teresa D’Alessio

Durata: 55 minuti

Yerma è il dramma di una donna sterile. Quando lessi per la prima volta Yerma, rimasi colpito dal linguaggio potente, popolare e poetico di Lorca. Le storie di Lorca sono molto vicine alle nostre tradizioni. All’interno del testo troviamo ad esempio: il pellegrinaggio al santuario; Dolores la fattucchiara; il pregiudizio del popolo; i conflitti e il rispetto di una moglie nei confronti del marito. Tutti temi che ancora oggi sono presenti nella nostra società e in particolare nella nostra cultura. Nella mia rivisitazione, i personaggi sono: Yerma, Giovanni e tre voci che rappresentano la proiezione del popolo. Sono delle “presenze” che influenzano Yerma fino a portarla ad un punto di non ritorno. Non è più propriamente il desiderio di maternità a tormentare la protagonista, ma il suo spasmodico bisogno di adeguarsi alla società che la vuole vedere madre alla soglia dei suoi trenta anni e dopo alcuni anni di matrimonio. La rivisitazione si concentra sul dramma della coppia, indaga i loro stati d’animo, la follia della protagonista, la superficialità di Giovanni, l’amore dell’uno nei confronti dell’altro, la pressione della società che non la rende libera di essere se stessa.
Il progetto di ricerca su questo testo è iniziato nel 2018 e si è concluso nel 2019 con una apertura pubblica al Teatro Tram di Napoli.


Perché’ trilogia della femminilità irrisolta

Quando parliamo di femminilità irrisolta, parliamo di individui che rincorrono un concetto di completezza sia fisico che mentale. Il raggiungimento di tale obbiettivo appaga e placa tale soggetto conferendogli sicurezza.

Nelle precedenti riscritture e nella presente, viene affrontata, dalle protagoniste, una estenuante ricerca dell’essenza femminile, ognuna attribuibile ad uno dei seguenti aspetti: maternità, femminilità e società.

  • Donna Madre “’A JETTECA” ispirato a YERMA di G. Lorca (un figlio che non arriverà mai)
  • Donna femmina “’E CAMMARERE” ispirato a LE SERVE di J. Genet.

 (Due individui androgeni che cercano una definizione e la trovano attraverso la loro
padrona, che rappresenta l’emblema della femminilità).

  • Donna nella società “’E SSANZARE” ispirato a “IL MALINTESO” di A. Camus.

Tre donne: Madre, Sorella e Moglie. Tre femminilità diverse che si confrontano con l’importanza di avere un uomo al proprio fianco come immagine di completezza per la società.


La lingua

Dopo diversi anni di studio e di letture di grandi autori napoletani, contemporanei e non, ho cercato di creare uno stile unico, atipico che mi rappresentasse. Un Dialetto napoletano reso poetico attraverso l’accostamento di elementi lessicali antichi e moderni, l’uso di figure retoriche, proverbi e modi di dire, declinato, talvolta, attraverso la versificazione.

Riconoscimenti

Vincitore Premio Rebù 2018

Finalista Intransito 2023

PICCOLA CITTÀ TEATRO - ASSOCIAZIONE CULTURALE TEEN THEATRE
LA VOCE A TE DOVUTA

scritto da Sharon Amato

con Anna e Clara Bocchino

scene Giancarlo Minniti

musiche Floriano Bocchino

regia Ettore Nigro

Anna e Clara, due sorelle e gemelle, decidono di interagire con la popolazione del web aprendo un podcast sul tema della violenza sulle donne. Dichiarano di provenire dal 2178 e che l’uomo si estinguerà perché nell’arco 2018- 2030, gli esperti del futuro hanno riscontrato la curva massima di violenza contro le donne. Questo quadro catastrofico corrisponde alla profezia di UNIVERSO 25 che Jhon Calhoun aveva studiato nel 1968, realizzando un parallelismo tra la fogna del comportamento dei topi e la degenerazione del comportamento degli uomini.

Anna e Clara, in arte Nina e Cloe, lanciano un appello accorato all’umanità e questa risponde loro inviando storie, lettere e testimonianze sul loro presente, di come vivono le relazioni, di quanto e in che modo hanno ricevuto o agito una forma di violenza. “Vi sta sfuggendo di mano”, dice Nina, “l’ingrediente segreto delle relazioni: il sentimento. Avete ancora LA VOCE A TE DOVUTA drammaturgia Sharon Amato con Anna e Clara Bocchino scene Giancarlo Minniti musiche Floriano Bocchino regia Ettore Nigro LA VOCE A TE DOVUTA teentheatreproduzioni@gmail.com possibilità di agire,” dice Cloe, “se aprite un varco profondo dentro voi stessi, non siamo solo animali”. Scrivono loro milioni di persone, ogni giorno, preoccupate per il futuro della specie e nello spazio intimo e anonimo del podcast rivelano e confessano i pensieri più nascosti, ferite mai verbalizzate, osservazioni e storie di vota quotidiana con uomini sordi e impauriti dalla “donna-mostro”. Ma un giorno, tra le lettere, ne arriverà una, “quella di un uomo che vorrebbe chiedere scusa”, che interessa intimamente Clara la quale decide di abbandonare il progetto, dire la verità agli ascoltatori: di non provenire dal futuro e che il loro mezzo abile era un modo per farsi ascoltare nel presente. Clara si collega alla diretta del giorno dopo e lascia la sua testimonianza: anche lei aveva una relazione violenta e non aveva avuto il coraggio di dirlo ad alcuno. La voce a te dovuta è la voce che ti spetta, la voce del coraggio di dire la verità.

La Voce a te dovuta è un luogo in cui la voce e le parole sono protagoniste, l’udito e l’ascolto. Per ogni testimonianza raccolta, le due podcaster dedicano una poesia, come gesto di cura profonda dell’anima e dei sentimenti. La messa in scena verte sulla densità della presenza vocale e sul potere dell’azione immaginativa. Un tavolo, due sedie, due microfoni, proiezioni video alle spalle delle attrici sono il luogo dell’anima che si vuole intercettare. Lo spettatore si troverà catapultato in una dimensione altra, in cui vogliamo sottrarci all’eccessiva stimolazione visiva ed essere tutti insieme in uno spazio di condivisione in cui la voce, con la giusta accoglienza e delicatezza entra nel corpo, nella testa, nella spina dorsale e chiama e richiama. Gli spettatori potranno partecipare live al programma scrivendo in diretta anche le loro testimonianze (in forma rigorosamente anonima).

 

 

 

 

NOTE DI REGIA

Immaginare di poter sviscerare la “questione femminile” nella porzione di tempo di uno spettacolo è sicuramente impresa folle e impossibile, tuttavia questa impossibilità non deve essere una scusa per rimandare un appuntamento così importante. Questa è stata la mia premessa quando decisi di incamminarmi lungo questo il percorso tortuoso. Immediatamente mi è apparso il titolo di una poesia “la voce a te dovuta”, lo spettacolo non intende essere né un j’accuse diretto, né una relazione sociologica, ma è un atto d’amore, amore come reale, unico antidoto ad ogni forma di discriminazione. Le due sorelle (gemelle) interrogandosi, interrogano il pubblico sia in sala, che quello immaginato nel loro podcast, aprono uno spazio interiore dal quale fare uscire un amorevole coraggio di esporsi, non di imporsi, l’intervento della parola poetica funge da motore maieutico per intenerire la spessa “scorza” frapposta tra la volontà di “essere accettate” e la società odierna che le vorrebbe ancora in una certa misura, non dico prigioniere, ma sicuramente sopite. Ci troviamo quindi di fronte ad un gigante, contro il quale sembra che si sia ancora fatto poco; forse perché intimoriti dalla sua vastità? Ma questo gigante è composto da milioni di silenzi, di storie piccole e personali, di tragedie accettate perché non percepite come tragedie. Le due sorelle attraverso il dar voce e accogliendo le storie singole dissolvono il gigante facendocelo vedere per quello che è: un mostro composto da milioni di piccole storie, ecco allora che il gigante si smembra e tutto diventa alla nostra portata. Come uomo, ed anche per questo ho deciso di intraprendere questo processo, voglio incidere una strada, per comprendere se anche in me possano esserci echi di una discriminazione indotta da anni e anni di “educazione “che hanno favorito lo status in cui siamo immersi

Riconoscimenti

Spettacolo selezionato al NEST – Napoli Est Teatro

Finalista Inventaria 2023

PRODUZIONE COMPAGNIA SALZ
FILIO DELLO SPEDALE

di Alice Bignone

con Ermanno Rovella

Regia di Alice Bignone

Durata: 100 minuti

Un uomo non piange. Un uomo lavora. Col petto in fuori e la testa china. Questa è la via che segue Michè per tutta la sua vita. Orfano da che ricorda, non ha mai conosciuto l’amore di un genitore. Lo Spedale, l’orfanotrofio, lo ha affidato ad una famiglia di contadini che più’ che il pane e il letto non può dargli. Ma la magia arriva proprio quando ne hai bisogno: un giorno, rifugiatosi a piangere nella stalla, incontra una gatta che lo adotta, diventando sua madre. Mentre il gruppo di amici di sempre lo chiama Prugnetta, femminuccia, è proprio la gatta a ricordargli che nella vita bisogna essere buoni, no uomini. Ma quando sei faccia a faccia col nemico, con i fucili carichi e pronti a sparare, quando la tua unica fonte di forza è un bicchiere di cognac e la rabbia per i compagni che muoiono al tuo fianco, in quel momento la scelta fra essere un prugnetta ed essere un uomo diventa una scelta essenziale. La storia di Michè racconta di fatica e battaglie di pignette, di botte, di ordini urlati a squarcia gola, di regole per conquistare le femmine e di addii soffocati e del disperato tentativo di un ragazzo di farsi riconoscere come ciò che gli è stato imposto di essere: un uomo.

 

Filio dello spedale è la storia di Michè, orfano, classe milleottocentonovantotto. Michè, come spesso accadeva, viene preso a carico da una famiglia contadina in cambio di quei due soldi che lo stato versava a chi prendesse in casa un orfano, un figlio dell’ospedale. La storia di Michè non è affatto una storia speciale, tutt’altro, è la storia di quasi tutti gli orfani che abbiano avuto in sorte il nascere a ridosso della prima guerra mondiale, ed è esattamente da questo che dipende la scelta di raccontarla. Il testo di Filio dello Spedale è innanzitutto un recupero di memoria storica, partendo dal presupposto che, se la storia la fanno i colti, i ricchi ed i vincitori, le storie della gente come Michè sono quelle che non ci sono state raccontate. Le storie dei contadini, degli umili che sono partiti per il fronte a combattere una guerra di cui non sapevano nulla, con il fuoco nemico davanti ed il fuoco amico alle spalle per impedire loro di ritirarsi, sono ancora tristemente ignorate, mentre prosegue indisturbata la propaganda patriottica del Piave che mormorava. Non viene raccontato come l’abbandono della terra per andare al fronte rovinasse le famiglie che solo la terra avevano, non viene raccontato l’autolesionismo dei ragazzi nel disperato tentativo di non passare la visita medica, non viene raccontato come la vita che lasciavano per andare in trincea fosse, già di partenza, una vita di fatiche che le generazioni più recenti hanno scelto di dimenticare. La storia di Michè parte dunque dal recupero storico di come fosse la vita normale di chi viveva della terra, delle bestie, di chi a scuola andava nei due mesi in cui i campi erano a riposo o non andava affatto. La ricerca storica si è appoggiata largamente al lavoro inestimabile di Nuto Revelli, le testimonianze de “Il mondo dei vinti” in particolare, e nel delineare quel mondo i testimoni avevano in bocca, come verità indiscutibili, cosa fosse definibile come “uomo”, chi fosse e cosa dovesse fare per rispondere al nome di “uomo”. Seguendo una narrazione maschile non è stato possibile ignorare quelle che erano le leggi incrollabili del ruolo maschile, che fin da bambino veniva costretto in uno spazio ben definito: quello della forza, del lavoro, del dovere, dove queste caratteristiche sono talmente preponderanti da lasciare poco spazio al resto. La narrativa del lavoro come scopo e funzione dell’uomo era assorbita, anche e soprattutto per sopravvivenza, al punto che non era necessario cercare nient’altro, fin da bambini. Per questa ragione, nel raccontare Michè, la sua vita e la sua guerra, la scelta è stata quella di partire dal personaggio di Patroclo, che pur di fare la cosa giusta, la cosa da uomini, va al suicidio con addosso l’armatura da Achille per riportare in battaglia gli achei. Nel raccontare Michè non si parla di un uomo forte, ma di un uomo che deve essere forte perché quella è la conditio sine qua non dell’essere uomini. Necessariamente questa ricerca di virilità va a sbattere con la realtà orribile che è stata la guerra di trincea, troppo oltre quello a cui ciascuno dei ragazzi mandati al fronte poteva essere preparato. Attraverso il lavoro di recupero storico di Aldo Cazzullo, che con “La guerra dei nostri nonni” raccoglie episodi dei soldati delle estrazioni più disparate, e sempre appoggiandosi al lavoro di Revelli, la storia di Michè si sposta quindi al fronte, lasciando da parte ogni narrativa patriottica e presentando la realtà di un ragazzo impreparato e spaventato come tutti i suoi compagni d’armi che si chiede come continuare ad essere forte, quale sia la cosa giusta, mentre i soldati intorno a lui si sbriciolano davanti alla guerra, e scegliendo, come Patroclo, di fare ciò che pensa sia il compito di un uomo. La narrazione non avviene in italiano bensì in un grammelot di dialetti che, per quanto comprensibile, possa riportare ad un mondo che l’italiano non lo conosceva. Filio dello spedale è la storia dei nostri bisnonni, cresciuti con la pressione di essere uomini, spediti al fronte senza preparazione, e nessuno di loro al fronte bestemmiava in italiano, nessuno di loro è in italiano che chiedeva al commilitone alfabetizzato di scrivere una lettera a casa. Filio dello spedale è la storia di una generazione mandata a combattere per l’Italia quando a malapena sapeva di essere italiana

 

Lo spettacolo, che ha all’attivo oltre 40 repliche, è inserito progetto Teatro nei Rifugi, patrocinato da Fondazione Nuto Revelli, Ente Parco Alpi Marittime, Associazione Gestori Rifugi Piemonte, che ha coinvolto oltre 40 rifugi tra Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia e Toscana nell’estate 2021, 2022. E’ stato inoltre acquistato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Lucca per i licei della zona. Nel 2021 è in scena al Cineteatro Baretti di Torino. Nel 2022 è in scena al Teatro Tertulliano di Milano

La Chascona

La Chascona  è una Associazione Culturale che nasce a Genova nel 2004 in occasione del centenario della nascita di Pablo Neruda, già cittadino onorario della Città di Genova. In collaborazione con il Comune di Genova produce, proprio per celebrare l’evento, lo spettacolo bilingue, italiano e spagnolo, in prosa e musica In viaggio con Neruda, rappresentato in moltissime piazze.

L’Associazione si pone come finalità ed attività istituzionale la pratica, la diffusione e la promozione della cultura teatrale e musicale, attraverso l’organizzazione di corsi di aggiornamento, anche nell’ambito scolastico, per le diverse specializzazioni; l’organizzazione di convegni, manifestazioni, concorsi; la produzione di spettacoli e reading; la realizzazione di iniziative editoriali, di studio e di approfondimento riguardanti la cultura teatrale e musicale; la collaborazione con Enti ed Istituzioni che abbiano fini in armonia con quelli dell’Associazione e che operino nel campo culturale, artistico e turistico, proponendo iniziative per lo sviluppo dell’attività e della cultura teatrale e musicale; la valorizzazione e lo sviluppo dell’aggregazione e dei linguaggi giovanili, anche come forma specifica di lotta al disagio tra le giovani generazioni; la promozione di attività di animazione ed aggregazione rivolta a bambini e ragazzi, volte a favorire un corretto ed armonico sviluppo educativo.